Nella mia formazione musicale un ruolo insostituibile è stato svolto dal rock nella sua declinazione oggi definita come “progressive”. Nel corso degli anni ciò ha influenzato spesso la mia scrittura. Sia chiaro, nessun ammiccamento stilistico preciso né rifacimenti o, peggio ancora, trascrizioni o rielaborazioni (sono fra le esperienze musicali che trovo più scialbe e inutili, salvo rarissimi casi; chi cercasse qualcosa di simile nei miei lavori rimarrebbe assai deluso). Piuttosto, il recupero di una chiara fisicità esecutiva, di uno slancio a volte ruvido e magari grezzo ma ricco di vitalità, il tutto calato senza incertezze nell'esperienza compositiva contemporanea.
In questo caso, sempre al di là di qualsiasi citazione diretta, occhieggiano come spirito i King Crimson ed in particolare tre loro dischi degli anni Ottanta (il tutto risulterebbe forse più chiaro considerando
Of Discipline, lavoro coevo e gemello a questo e scritto per due flauti).
Le due chitarre non si pongono reciprocamente in contrasto dialettico, ma tendono a formare una sorta di iperstrumento, contribuendo entrambe quasi sempre alla delineazione di panorami molto aggressivi ed in costante permutazione: una sorta di zapping spesso convulso che mette a dura prova le capacità degli esecutori non solo per le indubbie asperità tecniche del brano ma proprio per la necessità di modificare con frequenza altissima e all'improvviso l'ambiente in cui muoversi evitando tuttavia di danneggiare la continuità narrativa. La corsa si schianta sull'episodio conclusivo, dove alla legnosa e opaca matericità del tapping a due mani solo alcuni armonici residui riescono a sfuggire.
My interest in the guitar – which has always fascinated me despite its often too limited repertory – led me to accept a proposal to write a new piece that tackles the instrument from a new point of view, that is its doubling.
No dialectic or conflictual relation is created between the two guitars; instead, a sort of hyper-instrument is created, in order to obtain a great harmonic and gestural richness within which the two single individualities intertwine. A single metronome marking is given from the start to the end of the piece, imposing a constantly rapid tempo for the figures that follow each other in a sort of unstoppable whirlwind.
Broad zones of material, without any stable or recognizable pitches, open up in violent series of chords or fibrillations of very fast arpeggios.
The climax is reached in the final page in tapping, where the percussions of the right and left hands, which suddenly appear, are just as suddenly interrupted by the concluding silence.