CLESSIDRA
per violino, violoncello e pianoforte / for violin, cello and piano (2019)
dedicato a / dedicated to: AltreVoci Ensemble
Opera sostenuta dal progetto "SIAE - Classici d'oggi"
EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO
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Clessidra rappresenta un nuovo capitolo della collaborazione con gli ottimi musicisti dell'ensemble “AltreVoci” e, assieme al recente quartetto d'archi Die letzte Gold, segna il mio riavvicinamento ad organici austeramente classici accanto a vagabondaggi per destinazioni strumentali spesso bizzarre (vagabondaggi destinati comunque a proseguire anche nel vicino futuro).
Il trio formato da violino, violoncello e pianoforte, forse ancor più del quartetto d'archi, ha una carica storica e gestuale difficile da ignorare e in questo senso ho preferito non tanto forzarne eccessivamente le caratteristiche timbriche, quanto invece spostare l'indagine sull'aspetto linguistico e costruttivo.
Una sequenza di undici suoni (slegata da qualsiasi forma di citazione) è DNA dell'intero lavoro ed è utilizzata come mia consuetudine per generare sia gli aspetti formali complessivi sia le componenti armonico-lineari sia ancora per aiutare la determinazione concreta delle gestualità di volta in volta utilizzate. È proprio da un suggerimento formale proveniente dalla manipolazione della sequenza di base che nasce la decisione di utilizzare come pietre miliari disposte lungo la strada i sei ritorni di un cosiddetto refrain, in progressivo aumento di densità, di articolazione e - almeno nelle intenzioni - di interesse. Il movimento discendente che lo contraddistingue è dapprima presentato nella sua spoglia essenzialità dal pianoforte, appena colorato dai tremoli leggerissimi dei due archi; ad ogni ritorno nascono nuove figure e nuove spinte centrifughe, pur rimanendo immutato l'assetto armonico, trasformando quindi progressivamente la prima, elementare presentazione del refrain nella sua ultima comparsa in cui è episodio finalmente articolato e complesso nella sua configurazione definitiva.
A circondare questo elemento ricorsivo, vera spina dorsale di Clessidra, le altre sezioni si avvicendano con percorsi differenti, essendo alcune destinate a ritornare senza variazioni significative se non nelle proporzioni interne, altre invece bruciando il loro significato in apparizioni solitarie.
Approdo finale e clausola estenuata è l'unica citazione esplicita della sequenza di base del lavoro, evocata in filigrana dai due archi in pianissimo sugli accordi ormai congelati del pianoforte, come sempre in filigrana rimane - suggestione profonda - l'omonimo romanzo di Danilo Kiš.
Clessidra represents a new chapter in my collaboration with the excellent musicians of the Ensemble AltreVoci and, together with my recent string quartet Die letzte Gold, marks my return to austerely classical formations, alongside my wanderings through often bizarre instrumental destinations (wanderings destined in any case to continue in the near future).
The trio consisting of violin, cello and piano, maybe more so than the string quartet, has a historical and gestural baggage that is hard to ignore and, in this sense, I preferred to not stress excessively the timbral characteristics, but rather to shift my attention more to the linguistic and constructive aspects.
A series of eleven notes, unconnected to any form of quotation, is the DNA of the whole work and is used, as is my custom, to generate both the overall formal aspects and the harmonic-linear components, as well as to help in the concrete determination of the gesturalities used throughout. It was precisely a formal idea stemming from the manipulation of the basic series that led to my decision to use the six returns of a so-called refrain as milestones along the path, progressively increasing in density, in articulation and, at least in my intention, in interest. The descending movement that distinguishes it is first presented in its stark essentiality by the piano, barely coloured by the very delicate tremolos of the two strings; at every return new figures and new centrifugal drives are born, while the harmonic arrangement remains unchanged; the first, elementary presentation of the refrain is thus gradually transformed until its last appearance in an episode that is finally heard in its elaborate and complex definitive configuration.
Around this recurring element, the true backbone of Clessidra, the other sections take different paths, some being destined to return without any significant variations except in their internal proportions, others instead burning up their meaning in solitary appearances.
The final statement and extenuated ending is the explicit quotation of the basic series, evoked in the background by the two strings playing pianissimo against the virtually frozen chords of the piano, and always in the background – deep down – there remains the homonymous novel by Danilo Kiš.