Da tempo intendevo misurarmi con un brano pianistico di dimensioni abbastanza ampie e l'invito arrivato da Francesco Prode ha finalmente dato l'opportunità di realizzare questo mio desiderio. La sua richiesta si è subito e quasi inevitabilmente collegata ad un'immagine che da sempre mi affascina e che già ha dato spunto ad alcuni altri miei lavori: il momento di sospensione attonita che nelle culture mediterranee accompagna le ore più calde della giornata, la parte assolata del primo pomeriggio in cui è cosa saggia interrompere ogni lavoro e ritirarsi in meditazione o semplicemente - ma sarebbe limitante ritenerlo l'aspetto principale - in riposo. Divinità ostili si potrebbero addirittura aggirare per i campi, non meno insidiose di quelle notturne, trasformando l'immobilità abbacinata in vero e proprio Timor Panico. Nella parte centro-meridionale dell'Italia è appunto “controra” il termine utilizzato per denominare tale parte del giorno, aggiungendo al significato ulteriori spinte evocative dovute all'idea di sovversione alternativa dello scorrere del tempo che la parola stessa propone.
Tutto questo rimane suggestione emotiva per l'ideazione del pezzo, che, pur non proponendosi alcuna descrittività puntuale, presenta tuttavia una tripartizione secondo cui alle due parti estreme, costruite in maniera analoga attorno ad un elemento simile ad un canto sommesso, si contrappone l'improvvisa rarefazione della zona centrale. Qui un accordo, che riassume le componenti armonico-strutturali sulle quali è fondato il brano, si cristallizza in una subitanea dilatazione del tempo. Dettagli sempre più riposti vengono svelati, in un movimento cronologico che si fa circolare, bloccando apparentemente ogni sviluppo in una continua ripetizione di cellule simili appena variate.
Ogni aspetto compositivo di
Controra, come accennato, risulta inflessibilmente derivato, come mia abitudine, da un brevissimo spunto generatore. Sarebbe tuttavia inutile se non addirittura fuorviante per l'ascolto del pezzo esporre anche solo parzialmente i procedimenti deduttivi secondo i quali si opera tale costruzione. E' invece importante sottolineare come sia sempre privilegiato il legame fra materiali effettivamente percepibile rispetto alla parentela puramente elaborativa e astratta. Al tempo stesso i gesti strumentali cercano una pronta riconoscibilità, non temendo frequenti ripetizioni letterali.
Anche se spesso rimane un'intenzione tradita, vi è infine la volontà da parte mia, già presente da qualche tempo in alcuni lavori recenti, di abbassare almeno un poco la soglia di difficoltà esecutiva di quanto scrivo. Ciò non sempre riesce e mai la semplificazione è comunque legata a sfiducia nei confronti dei meravigliosi strumentisti con i quali, come anche in questa occasione, ho spesso la fortuna di lavorare
For some time now I have been intending to
tackle a piano piece of fairly large proportions: the
invitation that arrived from Francesco Prode finally
offered me the opportunity to realize my desire. His
request immediately and almost inevitably became
linked to an image that has always fascinated me and
has already provided the starting point for some of my
other works: the moment of drowsy suspension that in
Mediterranean cultures accompanies the hottest hours
of the day, the sun-drenched part of the early afternoon
when it is wise to stop all work and retire into meditation
or simply (but it would be limiting to say this is the main
aspect) into rest. Hostile divinities might even haunt the
fields, no less insidious than those of the night,
transforming the lethargic immobillty into a veritable
timor panico. In the central-southern part of Italy
Controra is the term used to call this part of the day,
adding further evocative force to the meaning due to
the idea of the alternative subversion of the passing of
time suggested by the word itself.
All this provides
fanciful inspiration for the writing of the piece, which,
without being openly descriptive, is nevertheless
divided into three parts whose outer extremes, built
similarly around something like a subdued song,
contrast with the sudden rarefaction of the central zone.
Here a chord, which reassumes the harmonic-structural
components upon which the whole piece is based, is
crystallized into a sudden dilation of time. Ever more
remote details are unveiled in a chronological
movement that becomes circular, apparently blocking
all development in a continuous repetition of similar, or
slightly varied cells.
Every compositional aspect of
Controra is inflexibly derived. as is my habit, from a
very short generating spark. However, it would be
pointless, if not even off-putting for the listener, to
describe only just partially the deductive procedures
that form the basis tor this Construction. It is important,
though, to underline how preference is always given to
the link between materials that can effectively be
perceived compared to the purely elaborative and
abstract relationships. At the same time the
instrumental gestures aim to be promptly recognized,
without being afraid of frequent literal repetitions.
Even
if the intention is often betrayed, there is finally the wish
on my part, already present for some time in some of
my recent works, to lower just a little the threshold of
difficulty of performing what I write. I don't always
succeed, and in any case the simplification is never
linked to a lack of faith in the wonderful musicians with
whom, as also on this occasion, I often have the fortune
of working.
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