Mi hanno sempre affascinato gli organici omogenei ed in passato mi è capitato di esplorarne alcuni decisamente curiosi, come i tre flauti dolci bassi in
Il mare immobile. Ho quindi accettato molto volentieri la proposta arrivatami qualche tempo fa dal quartetto di ottavini "Alt(r)e Frequenze" di dedicare un nuovo lavoro a questa insolita destinazione strumentale.
Ne è nato
Diario di fine stagione, il cui aspetto saliente è verosimilmente l'allontanamento consistente dalle caratteristiche più sfruttate di questo strumento: limitati gli interventi di natura virtuosistica e l'invadenza del registro sovracuto, il percorso si svolge per lo più nelle zone gravi dell'estensione, morbidamente diafane, privilegiando dinamiche spesso esilissime e bloccandosi spesso in attonite soste accordali.
Deriva da ciò un panorama riflessivo e sottilmente autunnale, che trova il suo punto di partenza, proprio come per il trio di flauti dolci bassi ricordato in precedenza, in un materiale al quale sono emotivamente assai legato, ovvero l'accordo iniziale di
A Salty Dog, celebre brano dei Procol Harum e lontana risonanza di un tempo adolescenziale immobile. In questo caso il suo contenuto intervallare compare in apertura raddoppiato specularmente in verticale; con un mio consueto procedimento elaborativo esso genera ogni componente del lavoro, senza che vi sia, sempre come consuetudine, alcun interesse per citazioni dirette o ammiccamenti stilistici rispetto alla canzone citata. È invece una pagina spesso sospesa, con pochi momenti di intemperanza, pur talvolta assai aggressivi, che vengono immediatamente spenti e messi a distanza, verso un orizzonte opaco e affettuosamente malinconico.