Nell’esperienza musicale di ognuno di noi compaiono, a certe svolte dell’età, brani che, pur provenendo da ambiti diversissimi fra loro, segnano in maniera definitiva il nostro percorso. Irrilevante è spesso la qualità o il valore assoluto di questi brani, quanto invece risulta fondamentale il fatto di averci incontrati e di essersi messi in fase con tutte le nostre tensioni del momento e di averle incanalate verso una dimensione superiore.
Di mare, breve pagina per pianoforte scritta con entusiasmo e riconoscenza per Carlo Boccadoro, si lega appunto ad uno di questi brani-snodo, sul quale in passato già ho realizzato “Il mare immobile” per tre flauti dolci bassi; poco importa qui dichiarare di cosa si tratti, perché chi legge queste righe ne rimarrebbe sicuramente deluso o quanto meno perplesso rispetto ai gusti del sottoscritto (anche se, occorre segnalarlo, l’incontro avvenne in età preadolescenziale...).
La sovrapposizione di due accordi del brano ispiratore (e il primo dei due, che apre anche il mio lavoro, mantiene per me a distanza di decenni una forza evocativa grandissima) dettano le regole strutturali della pagina, determinandone sia la successione delle sezioni sia la configurazione di ogni minimo dettaglio; su tutta la durata del pezzo, dilatata e assimilata di volta in volta alle caratteristiche delle sezioni attraversate, si stende, non riconoscibile se non a tratti, l’intera linea melodica del brano originario.
In the musical experience of each one of us there appear, at certain turns of age, pieces that, although coming from very different contexts, mark our course in a definitive manner. Often the quality or absolute value of these pieces is irrelevant, whereas the fact of having met us and having been aligned with all our tensions of the moment and having channeled them towards a higher dimension, is fundamental.
Di mare, a short piece for piano written with enthusiasm and esteem for Carlo Boccadoro, is linked to one of these milestone-pieces, which in the past I already used for Il mare immobile for three bass recorders; there is no point in trying to give more information, because readers would surely be disappointed or rather puzzled by the tastes of the undersigned (even if, I hasten to add, the experience happened in preadolescent age...).
The superimposition of two chords from the piece that inspired me (and the first of the two, that also opens my work, still maintains, at a distance of decades, a very powerful evocative force) dictate the structural rules of my new work, guiding both the succession of the sections and the configuration of every minimum detail; the complete melodic line of the original piece spans the entire piece, dilated and assimilated depending on the characteristics of the sections traversed and not recognizable except in very short fragments