Domus Aurea viene così presentata dal coreografo Diego Tortelli: “Questa creazione trae ispirazione, se pur in maniera completamente astratta, dalla Domus Aurea romana, villa probabilmente mai portata a termine e costruita dall'imperatore romano Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C.
In questo nuovo lavoro per Aterbaletto la “Domus” è quel luogo che emana luce all'esterno e crea ombre di noi stessi al suo interno; luogo in cui l'uomo può nascondersi dal conflitto sociale e reale della contemporaneità; luogo in cui si racchiudono tante storie fatte di immagini e echi.
Costruzione, cedimento, distruzione e rinascita sono le chiavi di questa creazione.
La costruzione ci permette di volere e desiderare.
Cedimento e distruzione significa essere disposti a lasciare il certo per l'incerto.
Rinascita non è solo un parola, ma è un nuovo modo di essere e di ricostruire la propria libertà. La “Domus Aurea” è quella casa, ma anche gabbia, prigione; forse, semplicemente un nido in cui ci si prepara per il “volo”. Un volo permesso da ali ribelli in gabbie dorate”.
Così invece Colombo Taccani introduce il suo lavoro: “La commissione di questo lavoro nasce con connotati ben precisi. La serata nella quale questo nuovo lavoro sarà inserito prende il nome di Progetto Bach e a Bach doveva collegarsi quanto avrei realizzato. Punto di partenza diventano quindi le Suites Francesi, dalle quali io e Diego Tortelli abbiamo selezionato alcuni numeri sulla base sia di un possibile percorso coreografico sia di equilibri e coerenze musicali.
I rapporti delle mie pagine con gli originali bachiani sono di varia natura, avendo come idea guida il concetto di costruzione/decostruzione alla base del progetto coreografico.
Nelle piccole isole che si creano lungo il percorso, ognuna delle quali costruita solitamente su elementi ricavati da un unico numero delle Suites, si crea una traiettoria locale affine a quella presentata dall'intero lavoro: un avvio che riduce la sostanza originale ad un numero ristrettissimo di elementi (la linea grave, il contenuto armonico, le linee sfrondate dagli elementi di raccordo e dalle ornamentazioni e così via) per ricostruire il materiale originario in vista della sua successiva decostruzione e, talvolta, dissoluzione. Ho cercato quindi di porre grande attenzione nell'ideare modalità sempre diverse per dar vita a tale tragitto, in modo da evitarne l'eccessiva prevedibilità.
Va aggiunto che per scelta ogni intervento sugli originali bachiani non mira a trasformazioni profonde della sostanza musicale o a manipolazioni aggressive, e meno ancora si prendono da essi frammenti come punti di partenza per costruzioni successive che li rendano meri pretesti irriconoscibili.
Ciò pone quindi queste pagine in territori non sovrapponibili alla mia consueta produzione, ma, sottolineo ancora, si è trattato di una scelta consapevole, di un'alternativa possibile e non di un limite. Vi è poi un ulteriore elemento, nel lavoro, che io e Tortelli abbiamo ritenuto importante al fine di creare un collegamento tra i vari episodi: una parte realizzata informaticamente, da noi definita asetticamente “ambiente sonoro”, che si snoda lungo tutto il percorso, lasciando isolato unicamente l'ultimo episodio basato sulla sarabanda della seconda Suite. Si tratta di un elemento volutamente privo sia di qualsiasi suggestione naturalistica sia di elementi figurali e frequenziali ben identificabili; una sorta di scenografia astratta variabile per densità e colore complessivo in grado di unirsi molto agilmente a quanto eseguito dal vivo, aggiungendo colore e profondità al tragitto ma al tempo stesso non creando interferenze o attriti negativi con le parti strumentali. In altre parole, una sorta di “rumore di fondo” dal quale le singole isole bachiane si staccheranno progressivamente e allo stesso modo di volta in volta ritorneranno, con zone più o meno ampie di collegamento nelle quali a questo elemento elettronico verranno di volta in volta abbinati interventi a carattere improvvisativo dei singoli strumentisti”.