Ganasse de porco fresche, un piattello de lumaghe, lombrichi de terra rossi e ancora fele de orso, lo sangue de la dundula e lardo salato (per limitarsi a ciò che si possa nominare senza inorridire): questi sono alcuni degli ingredienti suggeriti nella seconda metà del XV secolo da Caterina Sforza per la preparazione di unguenti di bellezza o di pozioni contro le più svariate malattie.
Ci sarebbe davvero da chiedersi se non fosse meglio tenersi morbi o problemi vari piuttosto che affidarsi a tali intrugli spaventosi, ma così andava il mondo qualche secolo fa. Raccolte in un volume denominato per l'appunto Experimenti tali ricette non potevano non trasformarsi in un testo perfetto per il lavoro per voce sola chiestomi da Danilo Pastore, al quale peraltro devo la loro scoperta.
L'italiano quattrocentesco si alterna al latino più o meno maccheronico, dal tono da imbonitore di piazza si passa improvvisamente alla solennità di invocazioni rituali, chiedendo quindi all'interprete non solo una grande duttilità vocale, ma la capacità di districarsi in una sorta di zapping stralunato fra proposte e suggestioni stravaganti, quasi un carosello di televendite ante litteram.
Avendo come destinazione la timbrica straniante di un controtenore quale Danilo Pastore questa impostazione drammaturgica mi è parsa una scelta inevitabile.