MATREM MAGNIFICAT
per voce recitante, soprano, voce bianca, coro e orchestra / for narrator, soprano, boy soprano, choir and orchestra (2019/20)
su un testo di / on a text by Pier Luigi Berdondini
EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO
pages 14, 21, 35, 48
Da ESZ News - Ottobre 2021
"L'idea di proporre a Giorgio un Oratorio vivace e duttile - sottolinea Pier Luigi Berdondini - nasce da un ribaltamento di ruoli nei versi del Magificat. Affascinato dai contrasti cromatici del verso “Quia fecit mihi magna” del Magnificat latino, accenti e dittonghi evocativi dell'inviolabile sacralità dell'essere mamma, ho elaborato un testo che magnifichi la madre, così come ogni uomo ama e onora la propria mamma. Laica o religiosa che sia. Ho ideato per prima cosa il finale. Una voce bianca”. Per poi scrivere un Oratorio per voce recitante, soprano, piccolo coro, voce bianca e orchestra.
Matrem Magnificat si apre con una Overtura di preludio alle invocazioni di un uomo, voce recitante, che giunto al congedo porta in dote alla propria madre la primitiva voce, uscita dal parto, voce che ha custodito e difeso dal contagio delle età della vita. Segue un incalzante confronto con gli assilli del soprano, la Madre, e l'incalzante e inquisitoria vocalità del coro. Una sinusoide di suoni che tendono a evaporare per dissolvere nel canto puerile, nella freschezza della voce candida.
Il tessuto di questo Magnificat nasce da una domanda. Cosa resta, mi sono chiesto, quando parole e musica hanno fatto il loro corso e il concerto si spoglia di ogni sonorità? Restano esortazione ed eco di una voce, nivea, di onore e amore alla madre. Questo è Matrem Magnificat. Il testo in italiano acustico esce da una ricerca delle micro sonorità sillabiche, anche nel confronto con il latino dei versi del coro”.
Dice invece Colombo Taccani: “Questa nuova occasione risulta per me particolarmente significativa, innanzitutto il testo, profondo, aspro e a tratti lacerante, sul quale non mi dilungo avendolo già presentato e introdotto lo stesso Berdondini nelle righe precedenti.
Dal lato strettamente musicale è innanzitutto l'ampiezza dell'organico a caratterizzare il lavoro: se l'orchestra si limita a presentare solo flauto, oboe, clarinetto e tromba accanto agli archi, la componente vocale al recitante affianca soprano, coro e voce bianca, dando quindi al compositore modalità estremamente sfaccettate per la gestione del testo, con percorsi vari di sovrapposizioni, contrasti e interpolazioni (solo la voce bianca comparirà unicamente nella pagina conclusiva del lavoro).
La scrittura è spesso scarnificata all'estremo, con una costante tensione verso la massima essenzialità; la partitura si trova quindi ad essere ben lontana dalla complessità che spesso contraddistingue la mia produzione, caratteristica che a colpo d'occhio potrebbe risultare quasi sorprendente. Ciò è dovuto, oltre alle ovvie differenze che contraddistinguono la scrittura di un lavoro di tal genere rispetto alla produzione cameristica, a vari fattori: prima fra tutti è sicuramente la necessità di avere materiali che possano garantire in particolare un'estrema aderenza ai tempi della voce recitante. Questo comporta la scelta frequente di situazioni aperte, di carattere aleatorio, o di scelte di estrema fluttuazione metronomica. Tali situazioni devono a mio avviso legarsi a gestualità e figure non eccessivamente complesse dal punto di vista tecnico, per lasciare gli esecutori liberi di concentrarsi sul rapporto con la parte recitata.
Risulta inoltre evidente il desiderio di creare elementi gestuali chiaramente riconoscibili nel corso del lavoro, in modo da dare chiare pietre miliari lungo il decorso complessivo della narrazione. Anche in questo caso ho scelto spesso di non operare trasformazioni significative al ritorno di elementi simili, resistendo ad una tendenza alla variazione costante che mi accompagna da sempre. Ciò riguarda anche l'aspetto strettamente armonico dell'intero lavoro, arroccato attorno ad un numero estremamente ristretto di polarità e di agglomerati".