QUATTRO PAROLE
per orchestra / for orchestra (2017/18)

dedicated to: Carlo Boccadoro - Italy
EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO
pages 1, 17, 27, 37
audio integrale


(...) Fu solo dopo alcuni giorni di silenzio e solitudine che, in una piega delle tasche, gli venne fra le dita un piccolo pezzo di carta, accartocciato e lacero.
Apertolo con ansiosa cura vi lesse faticosamente quattro parole, circondate da cancellature e strappi: erano "destini, assorto, inverno, ritorno".
Tacevano, per ora.
Sarebbe stato tuttavia per poco, perché da quelle parole ogni filo sarebbe stato riannodato (...).


quattro parole Una citazione immaginaria, come primo passo per questo mio nuovo lavoro per orchestra scritto su commissione dell’orchestra Verdi di Milano e dedicato con riconoscenza a Carlo Boccadoro, che ne sarà primo direttore.
Il percorso si articola in quattro episodi separati, sia pure con rimandi e simmetrie interne evidenti: estremamente aggressivi e concitati gli estremi, mentre più meditativi e raccolti i due interni. A collegare il tutto una breve cellula di sette suoni, personale idea fissa che da trent’anni circa ritorna periodicamente a generare nuovi lavori, sempre diversi fra loro per dimensioni, organico e modalità elaborative.
Il primo episodio, legato alla parola Destini, si presenta subito con accordalità estremamente energiche a piena orchestra, che svolgeranno un ruolo guida fino alla loro esplosione violentissima nelle battute conclusive. Caratteristica subito evidente dell’intero lavoro (almeno nelle intenzioni) è la volontà di presentare gesti netti, facilmente riconoscibili e dotati di grande definizione figurale, abbinando ad una controllata e a volte complessa gestione dei principi elaborativi la ricerca di un’immediatezza di lettura che non arretri anche di fronte al rischio di apparire rudimentale, elementare. Altrettanto evidente, e collegata alla volontà di chiarezza gestuale, dovrebbe apparire la semplificazione del discorso armonico, spesso organizzato attorno a centri di gravità chiari, quasi polarità toniche sia pure in assenza di qualsiasi organizzazione tonale.
Il richiamo alla parola Assorto, attorno alla quale si sviluppa il secondo episodio, determina invece il panorama più meditativo e raccolto del lavoro. Al timbro affascinante dell’ottavino nel suo registro più grave viene prevalentemente affidato lo svolgersi graduale e sempre ripiegato su se stesso di una linea di canto assai semplice, che altro non è se non l’inciso a base dell’intera composizione. Piccole increspature e momentanei slanci non ne alterano in modo significativo il carattere, arricchito anzi da approfondimenti timbrici continui.
Il terzo episodio, legato alla parola Inverno, porta invece in primo piano il primo violino solo, al quale è affidato un ruolo guida fin dalle prime battute, con interventi di entità variabile nel corso delle battute successive che prendono avvio dal suono conclusivo dell’episodio precedente. Il panorama è percorso da suoni d’aria, folate improvvise tramutantisi in sfondi ostili, pulsazioni grigie e opache. Gli strumenti ampliano la loro gamma timbrica per disegnare questo quadro gelido ma ricco di nervosismo sottotraccia. Come anche nell’episodio precedente l’orchestra trova raramente modo di dispiegare il pieno organico a disposizione, a favore di un’alchimia coloristica basata maggiormente su combinazioni di componenti ridotte.
L’episodio conclusivo, Ritorno, non si fa problemi nel ricorrere all’impostazione elaborativa verosimilmente più ovvia, ripercorrendo a ritroso il primo episodio e ritrovando quindi nelle primissime battute gli accordi violentissimi che avevano chiuso Destini. Non si tratta naturalmente di una specularità meccanica (quasi nulla, con facile metafora, ritorna uguale a se stesso...), quanto di una rilettura spesso molto variata se non completamente reinventata delle varie sezioni dell’episodio iniziale, con una tendenza generale ad incrementarne energia ed aggressività. L’orchestra ritrova infatti con una certa costanza il pieno organico e i gesti ritornano spesso elementari, netti. L’approdo agli accordi iniziali, ai quali le peripezie e le avventure presentate nel corso del lavoro danno nuova luce, chiude con energica robustezza il cammino.


(...) It was only after a few days of silence and solitude that, in a fold in the pockets, his fingers came across a piece of paper, screwed up and tattered.
On anxiously opening it he made out with difficulty four words, surrounded by cancellations and rips: they were "destini, assorto, inverno, ritorno".
The words were quiet, for now. But only for a while, because from those words each thread would become re-knotted (...)
.

An imaginary quotation, as a first step in my new work for orchestra written on commission of the Orchestra Verdi in Milan and dedicated with gratitude to Carlo Boccadoro, who will be its first conductor.
The work is divided into four separate episodes, although with clear internal references and symmetries: extremely aggressive and agitated at its extremes, and more meditative and relaxed in the two central parts. The whole is linked by a short cell of seven notes, a personal idée fixe that for around thirty years has periodically resurfaced and generated new works, always different from one another in dimension, instrumentation and type of elaboration.
The first episode, linked to the word “destini”, opens with extremely energetic chords on the full orchestra, which will act as a guide until their very violent explosion in the final bars. The immediately evident characteristic of the whole work (at least in my intentions) is the wish to present clear, easily recognizable gestures, with highly defined figures, combining a controlled and at times complex handling of the elaborative principles with a search for an immediacy of reading that isn’t afraid of appearing rudimental, elementary. Equally evident, and linked to the wish for clarity of gestures, should be the simplification of the harmonic discourse, often focused around clear gravity centres, almost tonic polarities though without any tonal organization.
The reference to the word “assorto”, which forms the basis for the second episode, determines instead the most meditative and relaxed moment of the work. The piccolo with the fascinating timbre of its lowest register is the main instrument to be entrusted with the gradual and ever turning-back line of a quite simple melody, which is nothing other than the basis for the whole composition. Small ruffles and momentary outbursts don’t significantly alter its character, which is instead enriched with a constant timbral exploration.
The third episode, linked to the word “inverno”, highlights the solo first violin, which acts as a guide right from the first bars, with interventions of variable length during the following bars that take their starting point from the conclusive note of the previous episode. The path is pervaded by sounds of air, sudden gusts that transform into hostile bursts, grey and opaque pulsations. The instruments extend their range of timbres to paint this picture that is cold but full of underlying nervousness. As also in the previous episode the orchestra rarely exploits the full available instrumentation, preferring instead an alchemy of colours mostly based on combinations of just a few components.
In the final episode, “ritorno”, there is no difficulty in resorting to what is probably the most obvious form of elaboration, namely a return to the first episode and thus reiterating in the very first bars the violent chords that had closed “destini”. The mirror is of course not mechanical (hardly anything, to use a simple metaphor, goes back to exactly what it was...), but rather an often much varied if not completely reinvented re-reading of the various sections of the opening episode, with a general tendency to grow in energy and aggressiveness. The orchestra in fact recovers, with a certain constancy, its full instrumentation and the gestures are once more often elementary and clear. The arrival at the opening chords, on which the vicissitudes and adventures presented during the course of the work shed new light, brings the path to an energetic conclusion.




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