SOGGETTO SOTTINTESO
per flauto, oboe e pianoforte / for flute, oboe and piano (2013)

dedicato a / dedicated to: Ecoensemble Trio

EDIZIONI SUVINI ZERBONI - MILANO
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pages 1, 2

Il titolo, per cominciare.
Non si tratta solo di un cappello più o meno spiritoso messo sul lavoro, bensì di una precisa indicazione strutturale e operativa, volta a sottolineare, secondo procedimenti a me consueti, la costante e totale derivazione da uno spunto di partenza di ogni aspetto della partitura, sia a livello di architettura generale sia per quanto riguardi ogni più piccola scelta locale.
Nulla di strutturalmente oppressivo o meccanico, dal momento che ad ogni passo esistono consistenti margini di libertà decisionale, quanto piuttosto una sorta di DNA generatore capace di rendere coerenti fra loro tutti gli aspetti della pagina, privilegiando esclusivamente l'aspetto percettivo rispetto a manipolazioni sotterranee e prive di riscontro all'ascolto. Lasciando volutamente sottinteso lo spunto di partenza, mai citato letteralmente né apportatore di ammiccamenti stilistici (e non rivelato nemmeno in queste righe), è piuttosto il caso di sottolineare la presenza di situazioni e atteggiamenti di chiara personalità, a cominciare dalle mobili e decise frasi dell'oboe che aprono il lavoro e che ritornano nel corso dello svolgimento a segnalarne i vari snodi, passando a momenti di immobilità quasi totale colorata dalle risonanze del pianoforte.
Attraversando panorami di varia natura (fra i quali si staglia la ruvida irruzione di un episodio nel quale i due fiati si muovono omoritmicamente sulle grevi pulsazioni regolari del pianoforte), il lavoro si chiude in un clima lontano e pacificato. “Elevato”, si indica per le ultime battute, nelle quali tutto si raccoglie e si spegne sugli ultimi suoni del soggetto sottinteso.

The title, to start with.
It is not just a witty hat placed onto the work, but rather a precise structural and operative indication, aimed at underlining, using my usual procedures, that every aspect of the score is constantly and totally derived from a starting point, both at the level of the general architecture and regarding each of the smallest local choices.
Nothing structurally oppressive or mechanical, though, since at each step there are broad margins of freedom for decisions; it is more like a sort of generating DNA able to made all the aspects of the work coherent with each other, concentrating exclusively on the perceptual aspect as opposed to any subterraneous manipulations not perceivable by the listener. As I purposely left the starting point unsaid, never literally quoting it or revealing any stylistic referents (not even here in these lines), it is easier to point out the presence of evident situations and tendencies, for example the mobile and decided phrases on the oboe that open the work and which return throughout the piece to mark the various turning points, leading to moments of almost total immobility coloured by the resonances of the piano.
After crossing panoramas of varying nature (one of the most notable being the irruption of an episode in which the two wind instruments move homorhythmically on the ponderous regular pulsations of the piano), the work ends in a distant and pacified climate. The marking Elevato is used for the last bars, in which everything comes together and closes on the final sounds of the “unsaid subject”




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