Villa Triste a Milano deve la sua cupa fama al fatto di essere stata sede, nell'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, dell'attività criminale della famigerata banda Koch, manipolo di aguzzini e di torturatori talmente efferati da essere arrestati addirittura dai fascisti della Brigata Muti, peraltro a loro volta braccio sanguinario della Repubblica di Salò.
Non semplice porre alla base di un nuovo lavoro la memoria di simili crudeltà, come richiestomi da Luca Schieppati. La chiave per evitare la facile ancorché comprensibile via dell'invettiva e della esplicitazione degli orrori (in quel senso basterebbe leggere le agghiaccianti testimonianze lasciateci da chi passò da quelle stanze) ed al tempo stesso un'inutile vaghezza pacificatrice è stata data dai versi di Pier Luigi Berdondini, che così sottolinea: “Anemoni, catrame. Ruggine, rugiada. Nella sonorità dei contrasti ho cercato parole di buio e scintilla, tentando di scivolare oltre il rito di poesia civile. Come fosse, pur fuori di metrica, un sonetto amoroso. Fiori, sorrisi, allori, vele, brezza, navigli scandiscono accenti e colori dei versi. Dettano ritmo all'immaginazione e al ricordo. Frammenti che dipingono distacco e appartenenza, virando verso un varco timido e arcano di musica nella parola”.
Come sempre nel caso di lavori vocali ho qui evitato la strutturazione capillare che solitamente contraddistingue il mio lavoro, facendomi dettare gli snodi formali dalla configurazione del testo stesso. Sono quindi riferimenti fondamentali le parole “Non piango” e “semino”, vere cellule di significato attorno alle quali si dipana il percorso emotivo del lavoro.
Ridotta all'essenziale risulta la componente armonico-melodica, limitata sostanzialmente ad un solo raggruppamento di sette suoni ed al suo complementare, con un ristrettissimo numero di varianti marginali, il tutto derivato dal brano
Trafiletto in cronaca avviato poche settimane prima.
Villa Triste in Milan owes its gloomy name to the fact of having been the site, in the last phase of the Second World War, of the criminal activity of the notorious Koch band, a group of tormentors and torturers so brutal that they were even arrested by the fascists of the Brigata Muti, who were actually themselves a bloody arm of the Repubblica di Salò.
It is not simple to use the memory of such cruelty for the basis of a new work, as I was requested to do by Luca Schieppati. The key to avoiding the facile yet understandable path of invective and explication of the horrors (for that purpose, suffice it to read the dreadful testimonies left to us by those who passed through those rooms) and at the same time a pointless pacifying vagueness, was provided by the verses of Pier Luigi Berdondini, who states: “Anemoni, catrame. Ruggine, rugiada (Anemonies, tar, rust, dew). In the sonorities of the contrasts I searched for words of darkness and sparks, trying to move away from the rite of civil poetry. As if it were, though out of meter, a love sonnet. Fiori, sorrisi, allori, vele, brezza, navigli (Flowers, smiles, laurels, sails, breeze, ships) mark the accents and colours of the lines. They dictate the rhythm to the imagination and the memory. Fragments that depict distance and belonging, aiming towards a timid and arcane opening of music in the word”.
As always in the case of vocal works I avoided here the capillary structure that usually characterizes my work, letting myself be dictated by the formal junctions of the text itself. So fundamental references are the words “non piango” (“I don’t cry”) and “semino” (“I sow”), true cells of meaning around which the emotional path of the work is built.
The harmonic-melodic component is reduced to the essential, basically limited to just a group of seven notes and its complement, with a very small number of marginal variants, all derived from the piece
Trafiletto in cronaca begun a few weeks before.
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