Il lungo rapporto di amicizia che mi lega a
Risuonanze trova in questo breve lavoro per voce e pianoforte una nuova tappa.
Appena ho avuto la certezza di questa esecuzione, mentre vagabondavo per la rete in cerca di ascolti di qualche interesse mi sono imbattuto in una pagina riportante un file audio in cui il poeta statunitense Abraham Smith, a me sconosciuto fino a quel momento, leggeva con un trasporto ed un enfasi travolgenti una sua poesia intitolata appunto
Why Eat Why Kill.
Nessuna possibilità per me di comprendere il testo se non a grandi linee, al momento, ma la certezza immediata che quello sarebbe diventato il materiale poetico sul quale avrei lavorato: decisive, oltre all'emozione data dal calore incandescente della lettura, sono state in particolare l'assenza di linearità narrativa, sostituita da una successione di immagini particolarmente vivide e brucianti, nonché il ricorso a frequenti blocchi ripetitivi di singoli versi, secondo procedure che rivelano precisi punti di contatto con alcune caratteristiche di gestione dei materiali musicali a me care. Fondamentale ai miei occhi infine è il carattere robustamente energico, a tratti violento che viene presentato dalla poesia, solo a tratti stemperato da brevi parentesi riflessive.
La realizzazione musicale mira ad accentuare il percorso emotivo dei versi, rendendone feroci e ruvidi i momenti di massima asperità, placandone invece in ampie stasi i ripiegamenti riflessivi, in un orizzonte di risorse strumentali e vocali che quasi mai escono dall'ambito delle tecniche compositive più consuete.
Poco importa entrare nei dettagli delle strategie compositive locali, riguardo alle quali può essere sufficiente segnalare come esse facciano ricorso, secondo le mie abitudini, ad un numero estremamente ristretto di materiali di base, pronti ad agire come DNA generativo per ogni elemento, sia esso armonico o figurale.
Resta invece più libero rispetto ai miei comportamenti abituali l'assetto formale complessivo, non ricavato in questa occasione dal materiale di base con un gioco di proporzioni, simmetrie e rimandi ma pronto ad accogliere ogni suggestione derivante dal testo stesso